Un gruppo di ricerca della Woods Hole Oceanographic Institution e del Massachusetts Institute of Technology (Stati Uniti) ha scoperto che il polistirene si degrada più velocemente del previsto al sole, impiegando secoli o decenni a seconda delle circostanze, non millenni, come era stato precedentemente stimato da altri studi.
I termini “polistirolo” e “polistirene” indicano la stessa cosa, ma sarebbe più corretto utilizzare il secondo. Con il polistirene si producono molti oggetti usa e getta, come piatti e posate di plastica, vasetti per lo yogurt, rasoi, custodie per CD e contenitori per le uova. Il materiale viene anche utilizzato per produrne una versione espansa (quella che di solito chiamiamo “polistirolo”) e che viene impiegata per gli imballaggi o come sistema isolante.
Il polistirene può essere riciclato, ma la sua grande abbondanza e il fatto che non tutti i paesi abbiano sistemi di riciclaggio adeguati fanno sì che grandi quantità di rifiuti costituiti da questo materiale finiscano nei corsi d’acqua e infine nei mari e negli oceani.
Partendo dal presupposto che il polistirene duri per sempre, i legislatori sono arrivati alla conclusione che sia meglio mettere al bando buona parte dei prodotti creati con questo materiale. I ricercatori, nel frattempo, hanno condotto test di laboratorio su cinque diversi campioni di polistirene, per valutare l’effetto dell’esposizione alla luce solare. Come atteso, il polistirene si è disgregato nell’acqua, che è stata poi analizzata dal gruppo di ricerca.
La luce solare riporta il polistirene ai suoi elementi chimici di base, come il carbonio, che si dissolve nell’acqua senza particolari conseguenze. Nel processo si produce pochissima anidride carbonica, tale da non avere un ruolo determinante nei processi che contribuiscono a causare il riscaldamento globale.
Last modified: 16 ottobre 2019